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Rivista di Urbanistica, Lavori pubblici, Enti locali - 28/06/11 n. 19 - Direttore Responsabile D. Palombella

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  Home page Agenda news 05/09/2009
 

 

Incostituzionale l′opposizione contro l′ordinanza-ingiunzione
Dott. Umberto Gatto


I grandi processi, insieme alla sagacia ed all’arte oratoria di avvocati e di Pubblici Ministeri hanno sempre appassionato le cronache e dato spunto ai romanzieri; le innumerevoli controversie di modico valore, che coinvolgono i tanti cittadini destinatari di ordinanze-ingiunzioni della Pubblica Amministrazione, invece, sono un grande fiume sotterraneo, molto costoso per lo Stato, ma trascurato talvolta anche dal Legislatore. Crescono i provvedimenti sanzionatori notificati ai singoli cittadini per infrazioni stradali, elevate con sistemi tecnologicamente avanzati, ma restano inalterati e talvolta inadeguati i mezzi di tutela a disposizione dei cittadini.
In questo elaborato ci si vuole concentrare sulla procedura che il cittadino destinatario di una ingiunzione della Pubblica Amministrazione e nello specifico di un Verbale di contestazione stradale, deve mettere in atto e sulle difficoltà in cui incorre.
Gli Artt. 22 e 23 della Legge 689/81 (1), dalla data della loro entrata in vigore sono stati sottosposti a numerosi vagli di costituzionalità, subendo alcune significative censure. A parere dell’autore, tutt’oggi, permangono elementi che meriterebbero alcuni ulteriori interventi per ricondurre le norme in esse contenute nell’alveo della costituzionalità e della sintonia con un sistema giuridico che tutela effettivamente i diritti del singolo, senza discriminazioni. L’obbligo di presenziare alle udienze, personalmente o tramite procuratore, e l’obbligo di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede il Giudice adito rappresentano elementi problematici.
La relazione ministeriale accompagnatoria del progetto, che ha dato vita alla Legge 689/81, con riferimento alle disposizioni, successivamente divenute gli attuali Artt. 22 e 23, ha precisato che il giudizio di opposizione ad una sanzione amministrativa è ispirato a due convergenti linee direttrici:
1.garantire adeguatamente colui nei cui confronti è stata erogata una sanzione amministrativa “in modo che la tutela sia la più ampia consentita dal sistema complessivo e dai principi dell′ordinamento”;
2.la “massima semplificazione, quale è impedita dall′applicazione delle normali regole del giudizio civile”, semplificazione di cui sono espressione anche le disposizioni “intese a concentrare le attività processuali in relazione all′esigenza che le parti, avendo il diritto di stare in giudizio di persona, devono avere la possibilità di concludere il processo con il minimo impegno di tempo possibile”.
Non a caso, la competenza a sentenziare è stata riconosciuta in capo ai Giudici di Pace(2): la Legge 689/81 ha informato il procedimento ai principi di snellezza e di speditezza, per “assicurare il diretto accesso del cittadino ad una effettiva e pronta tutela giurisdizionale” (3).
In linea di principio, il ricorso avverso l’ordinanza-ingiunzione mira a ripristinare una condizione di legittimità, che a parere dell’opponente è stata alterata, attraverso la notifica di un atto amministrativo, quale, ad esempio, la contestazione di un’infrazione stradale. In pratica, l’opponente ravvisa una lesione della sfera privata ad opera della Pubblica Amministrazione, che, mediante un atto, gli impone una sanzione amministrativa, a suo parere, non legittimamente dovuta.
L’Art. 23 della Costituzione prevede che “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla Legge”. Ne discende che, qualora la Pubblica Amministrazione venga meno ai principi di imparzialità e di buon andamento, a cui la sua azione dovrebbe conformarsi, in ossequio al dettato costituzionale dell’Art. 97, il cittadino può adire l’Autorità Giudiziaria, a tutela della sfera privata.


1.Obbligo di presenziare alle udienze. Art. 23 c. 2-5-7 L 689/81 – Artt. 3-16-24-97-113 Cost.
In questo articolo si vuole focalizzare l’attenzione su due aspetti controversi:
2.il rapporto tra la vigente formulazione dell’Art. 23 c. 5 ed i dettami costituzionali
dell’Art. 24 c. 3 e dell’Art. 113 Cost., ove viene esclusa la facoltà del giudice adito di delibare in merito al petitum, in camera di consiglio, e viene imposta la sanzione impropria delle spese di giudizio, per la mancata comparizione dell’opponente all’udienza;
3.il disposto dell’Art. 22 c. 1-4-5 della Legge 689/81, ove prevede l’obbligo di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede il Giudice adito, pena la notificazione mediante deposito in Cancelleria.
Originariamente, l’Art. 23 c. 5 prevedeva che il Giudice, anche in presenza di un provvedimento amministrativo illegittimo, dovesse convalidarlo, qualora l’opponente non si fosse presentato all’udienza, personalmente o rappresentato da un suo procuratore.
Successivamente, La Corte Costituzionale è intervenuta ben due volte relativamente al comma 5; la prima ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della convalida del “provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell’opponente o del suo procuratore alla prima udienza […] anche quando l’illegittimità del provvedimento risulti dalla documentazione allegata dall’opponente”(4), la seconda volta ha ritenuto incostituzionale la convalida del provvedimento “nella parte in cui prevede che il pretore convalidi il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell′opponente o del suo procuratore alla prima udienza senza addurre alcun legittimo impedimento, anche quando l′amministrazione irrogante abbia omesso il deposito dei documenti di cui al secondo comma dello stesso art. 23”(5). Finora, però, non c’è stata alcuna espressione né sulla parte del comma 5, che pone “a carico dell’opponente anche le spese successive all’opposizione”; né sul comma 2, ove si prevede che “il giudice fissa l’udienza di comparizione”; né sul comma 7, dove si dispone che “appena terminata l’istruttoria il giudice invita le parti a precisare le conclusioni ed a procedere nella stessa udienza alla discussione della causa”. In pratica, ai sensi dei commi 2 e 7 permane l’obbligo dell’opponente di comparire davanti al Giudice; nessuna disposizione prevede che le spese di lite debbano seguire la soccombenza, ragion per cui, paradossalmente, l’opponente potrebbe non vedersi convalidato il provvedimento, ma potrebbe comunque essere condannato alle spese di lite, per il mancato adempimento all’obbligo di comparizione (6).La Pubblica Amministrazione, invece, stando alla lettera delle norme sopravvissute al vaglio costituzionale, anche nell’ipotesi che venga accertata l’illegittimità della sanzione irrogata non subirebbe, nel procedimento avviato, alcuna ripercussione.
Tale previsione è disallineata rispetto ad altri procedimenti giurisdizionali, in materia di sanzioni amministrative: ad esempio, nel contenzioso tributario, è prevista la decisione delle cause in camera di consiglio e solo su richiesta di almeno una delle parti, viene fissata la pubblica udienza (Artt. 33 e 34 D.Lgs. 546/92).
Si tenga presente che gli atti amministrativi di natura tributaria, possono incidere pesantemente sulla sfera privata del contribuente, in considerazione del valore delle pretese pecuniarie, sia a titolo d’imposta sia a titolo di sanzioni principali e/o accessorie, eppure è data facoltà alle parti di scegliere se comparire personalmente davanti alla Commissione oppure no, prescindendo dall’oggetto e dal valore della causa. È pur vero che trattasi di una giurisdizione speciale (7), ma è pur sempre una giurisdizione che interviene a tutela del corretto e legittimo rapporto Pubblica Amministrazione-Cittadino, in cui la prima ha facoltà di esercitare un controllo e di irrogare sanzioni (Ezio VANONI sintetizzò queste funzioni qualificando i Funzionari del Fisco quali “Magistrati del Fisco”) (8).
Il parallelismo con il procedimento tributario non è fuori luogo; ricondurre la differenza di rito alla discrezionalità del Legislatore, in questo caso, equivale a minare le basi di un rapporto Cittadino-Pubblica Amministrazione, improntato ai principi di equità e trasparenza.
La Corte Costituzionale, con Sentenza n. 431 del 23 ottobre 1992 ha bocciato i sospetti di conflitto tra le disposizioni contenute nell’Art. 22 cc. 3 e 4 e gli Artt. 3 e 24 Cost.; occorre, però, evidenziare che il Giudice delle Leggi si è dichiarato incompetente ad intervenire in una materia riservata alla discrezionalità del Legislatore, qual è la definizione delle procedure di rito.
L’assetto dei diversi modelli procedimentali è materia riservata alla discrezionalità del Legislatore, finché essa non confligga con il dettato degli Artt. 97 e 113 della Costituzione. È costituzionalmente ammissibile la discrezionalità del Legislatore, ma non quella della Pubblica Amministrazione: il cittadino che non riceva il Verbale di accertamento, ma direttamente un atto successivo(9), potrebbe impugnarlo e stare in giudizio innanzi alle Commissioni Tributarie (organi collegiali), godendo di due gradi di merito e di uno di legittimità.(10). Infatti, ai sensi dell’Art. 19 c. 3 del D.lgs. 546/92, gli atti sono “impugnabili […] solo per vizi propri”, ma “la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, [n.d.r.: qual è il Verbale di Accertamento] ne consente l’impugnazione unitamente a quest′ultimo”; le Commissioni Tributarie hanno competenza sugli atti successivi alla notifica del Verbale di Accertamento: Cartelle di Pagamento, Provvedimenti di Irrogazione delle sanzioni, Avvisi di mora, Iscrizione di ipoteca sugli immobili e Fermi di beni mobili registrati (Art. 19 c. 1 D.Lgs. 546/92).
La numerosità dei Verbali e delle cartelle di pagamento non-notificati(11) ha destato l’attenzione degli organi politici nazionali (12) e locali(13).
Un’inadempienza, più o meno volontaria, della Pubblica Amministrazione può, dunque, agevolare taluni anziché altri (14). Infatti, pur sposando il difetto di giurisdizione delle Commissioni Tributarie sulle Cartelle di Pagamento, recanti iscrizione a ruolo di sanzioni per contravvenzioni al Codice della Strada (15), è alta la probabilità che il Concessionario incaricato della riscossione, utilizzando i modelli predefiniti ed aggregando in un’unica Cartella più pretese pecuniarie di diversa natura, indichi la Commissione Tributaria Provinciale, quale organo giurisdizionale competente. In tale evenienza, per il ricorrente che adisse il Giudice Tributario, si configurerebbe un errore scusabile e di conseguenza avrebbe diritto alla rimessione nei termini per proporre opposizione innanzi al Giudice di Pace (16), con conseguente dilazione dei tempi ed aumento dei costi a carico dello Stato.
Ai sensi dell’art. 375 c.p.c., nel procedimento innanzi alla Corte di Cassazione è previsto che la decisione del ricorso ove presenti aspetti d’evidenza, compatibili con l′immediata decisione, ben può pronunziarsi per la manifesta fondatezza dell′impugnazione, anche nel caso in cui le conclusioni del P.G. fossero, all′opposto, per la manifesta infondatezza, e viceversa(17).
Dato per assunto che “ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale” (Art. 16 Cost.), le previsioni dei commi 2-5-7 dell’Art. 23 della Legge 689/81 risultano discriminanti, in quanto per pretese di modico valore (in alcuni casi poche decine di Euro), obbligano l’opponente a sobbarcarsi le spese proprie o del procuratore per raggiungere il luogo dell’udienza e presenziare, anche in casi di manifesta infondatezza oggettiva della ripresa.
Praticamente, il procedimento innanzi al Giudice di Pace non ha subito la riforma innovativa, che ha, invece, interessato l’Art. 375 c.p.c., in cui è stato introdotto l’attuale comma 2 che ammette la decisione in camera di consiglio “quando il ricorso principale e quello incidentale eventualmente proposto sono manifestamente fondati e vanno, pertanto, accolti entrambi”.
Rebus sic stantibus, la Giustizia da fondamentale diritto del cittadino, come sancito dal combinato disposto degli Artt. 3 e 24 della Carta Costituzionale, si trasforma nel risultato di un apprezzamento dei costi e delle opportunità, privilegiando così chi può sostenere i costi rispetto a chi, invece, deve fare i conti con un modesto bilancio familiare. Stortura che specularmente si traduce nella garanzia per la Pubblica Amministrazione di poter notificare Verbali di Accertamento senza remore, confidando nel fatto che pochi si oppongono ed anche in caso di soccombenza, il danno è nullo.
Il comma 3 dell’Art. 24 della Costituzione prevede istituti per garantire la Giustizia anche ai cittadini non abbienti: questo dettame non deve sottendere il semplice diritto alla fruizione del gratuito patrocinio (praticamente non fruibile, nei casi di opposizione a contestazioni stradali) (18), ma deve essere inteso nel senso che lo Stato si astiene dal frapporre gravami economici che possano disincentivare od ostacolare il ricorso agli organi giurisdizionali. Infatti, sempre la Carta Costituzionale, all’Art. 113 contempla la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi contro gli atti della Pubblica Amministrazione, senza esclusione e limitazione a particolari mezzi d’impugnazione.
Al preminente interesse pubblico allo svolgimento del processo, adeguato alla funzione ad esso assegnata, non devon esser frapposti ostacoli all’esercizio del diritto di difesa(19).
Focalizzando l’attenzione sulle infrazioni stradali di modico valore (ad esempio i divieti di sosta), la limitazione sussiste in maniera discriminatoria: l’automobilista che non può permettersi le spese ed i tempi di spostamento, propri o del procuratore, è escluso dal far ricorso ad un giudice terzo, qual è il Giudice di Pace e deve subire la limitazione a ricorrere ad un’Autorità amministrativa qual è il Prefetto, innanzi al quale, però (sic!), la richiesta di udienza personale deve essere esplicitamente formulata, altrimenti la decisione è assunta, senza comparizione delle parti, sulla base delle risultanze acquisite agli atti (20).


4.Obligo di elezione di domicilio nel Comune sede del Giudice adito. Notifica in Cancelleria: Questione di legittimità Costituzionale Art. 22 c. 1-4-5 L 689/81 – Artt. 3-16-24-97-111-113 Cost.
Medesime considerazioni possono essere formulate con riferimento al disposto
dell’Art. 22 cc. 1-4-5 della Legge 689/81: l’obbligo di eleggere domicilio nel Comune, in cui ha sede il Giudice adito, pena la notificazione mediante deposito in Cancelleria, è una limitazione del diritto di difesa ed una discriminazione.
La tutela dei diritti è maggiormente garantita al cittadino che commetta le presunte violazioni nei dintorni del proprio domicilio, mentre risulta penalizzata quella persona a cui viene contestata la violazione in località distante dal “luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi”, ossia lontano dal domicilio, così come definito dall’Art. 43 c.c.(21).
Affidare la determinazione del luogo di notificazione al destinatario delle comunicazioni o notifiche, vincolando l’Ufficio all’osservanza di tale indicazione, risponde all’esigenza di stabilire sin dall’inizio, un luogo certo ed incontestabile per l’attività partecipativa degli atti processuali nonché per il sollecito e corretto svolgimento del giudizio, fermo restando il rispetto dell’interesse primario del ricorrente alla sicura e tempestiva conoscenza degli atti del processo (Corte di Cassazione, SS.UU., Sentenza n. 6375 del 7 luglio 1994) (22). Ne deriva che, nell’era della globalizzazione e delle avanzate tecnologie telematiche (23), le notificazioni di tipo tradizionale si potrebbero effettuare con certezza e celerità (secondo i già citati obiettivi della Legge 689/81) anche in qualsiasi Comune d’Italia (24).
La discriminazione è dunque sia su base geografica sia su base censitaria: un diritto costituzionalmente sancito, qual è la Giustizia, non può essere subalterno a ragioni economiche o al luogo di origine di chi deve far valere un diritto.
L’art. 111 della Carta Costituzionale, nel testo novellato dalla Legge Costituzionale
n. 2 del 23 novembre 1999, sancisce il principio della parità, formale e sostanziale, tra le parti processuali, anche quando una di esse sia la Pubblica Amministrazione, che non gode di una presunzione di verità nell’accertamento.
Attualmente, nel processo di opposizione le parti in causa non godono di pari dignità, di pari diritti e di pari doveri: la Pubblica Amministrazione può anche non costituirsi e non subire alcun pregiudizio (come già evidenziato al precedente punto(24)), mentre il ricorrente deve necessariamente presenziare l’udienza; alla P.A. è riconosciuto comunque il diritto di ricevere le comunicazioni presso l’Ufficio (ovunque abbia sede), mentre il ricorrente deve necessariamente eleggere il domicilio nel Comune ove ha sede l’Ufficio del Giudice di Pace e sobbarcarsi l’onere di informazione presso la Cancelleria, considerato che telefonicamente o telematicamente, nel 2009 (sic!), gli Uffici giudiziari non forniscono informazioni a distanza sullo stato del fascicolo.
È manifesta l’istituzione di ostacoli di ogni genere (legislativi, procedurali, strumentali), orientati a limitare il libero esercizio della difesa personale, aggravando il vulnus in essa congenito, consistente nella “minore competenza e diligenza del profano cittadino rispetto al professionista”. In pratica, si realizza quel fattore di dissuasione anche di natura economica dall’utilizzo del mezzo di tutela giurisdizionale”, enunciato dai Giudici della Legge, nella Sentenza n. 98 del 18 marzo 2004, con la quale fu dichiarato incostituzionale l’Art. 22 della Legge 689/81, nella parte in cui non prevedeva la proposizione dell’opposizione, tramite invio postale.
Riprendendo, quindi, la già citata Sentenza n. 431/92 della Corte Costituzionale, pronunciata proprio in tema di costituzionalità dell’Art. 22 c. 4 della Legge 689/81 occorre evidenziare che i commi in questione non manifestano disallineamenti soltanto con quanto previsto dagli Artt. 3-24 Cost., fondamenti del Diritto di Difesa, ma confliggono, anche con gli Artt. 16-97-111-113 Cost., per le ragioni già espresse, in questo e nel precedente punto.


5. Questione di legittimità Costituzionale Artt. 22-23 L 689/81 – Artt. 10-11 Cost. – Artt. 20-67 Trattato U.E.
La discriminazione geografica è ancor più rilevante se rapportato al dovere degli Stati di garantire parità di trattamento a tutti i cittadini dell’Unione Europea, senza discriminazione sulla base della nazionalità.
Le disposizioni agli Artt. 22 e 23 della L. 689/81 si palesano in contrasto con l’acquis comunitario: la cittadinanza europea e la libera circolazione delle persone sono premesse del Trattato sull’Unione Europea ed esse devon esser realizzate, “garantendo nel contempo la sicurezza dei [loro] popoli, con l′istituzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in conformità alle disposizioni del […] trattato e del trattato sul funzionamento dell′Unione europea”(25).
Il diritto di libera circolazione è sancito dall’Art. 20 del Trattato; il disposto dei
commi 1 e 4 dell’Art. 67 prevede che “L′Unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali” e “L′Unione facilita l′accesso alla giustizia”; evidentemente, la norma italiana, incurante delle tutele a favore dello straniero sancite dall’Art. 10 Cost. e dei principi internazionali, in materia di Giustizia, fissati dalle Organizzazioni internazionali, a cui la Repubblica Italiana aderisce, in forza dell’Art. 11 Cost., non agevola l’accesso alla Giustizia, ma esercita una discriminazione in ragione della maggiore o minore distanza dalla sede del Giudice competente.
Un cittadino comunitario può ricevere nello Stato di residenza una contestazione elevata da un agente italiano, ma per difendersi personalmente deve eleggere domicilio in Italia, nello stesso Comune del Giudice di Pace adito. Si possono ravvisare gli estremi per un’eventuale procedura d’infrazione a carico dell’Italia, per disparità di trattamento, ove la libertà e l’accesso alla Giustizia sono facilitate ai pubblici uffici nazionali, a scapito del cittadino comunitario costretto ad accollarsi oneri e costi per far valere un suo diritto in Italia.

CONCLUSIONI
Le norme che impongono la pubblica udienza, l’obbligo di partecipazione del ricorrente e l’obbligo di elezione del domicilio nel Comune in cui ha sede il Giudice si manifestano come un aggravio per il cittadino destinatario di un’ingiunzione della Pubblica Amministrazione contro la quale possa proporre ricorso ai sensi degli Artt. 22 e 23 della L. 689/81. È auspicabile un intervento del Legislatore sia per coordinare il testo vigente con gli interventi della Corte Costituzionale, sia per “svecchiare” il procedimento, in modo da allinearlo agli attuali livelli tecnologici, senza perdere di vista le esigenze di tutela del cittadino e gli originari obiettivi di snellezza e semplificazione.


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note

1) Modifiche al Sistema Penale (Gazzetta Ufficiale n. 329 del 30 novembre 1981).

2) Il Giudice di Pace è un magistrato onorario, in carica per quattro anni (riconfermabile una sola volta) con funzioni giurisdizionali. La pianta organica, ne prevede 4700 distribuiti su 849 diverse sedi di uffici giudiziari; la competenza territoriale può estendersi a uno o più Comuni ovvero può esser limitato a una o più circoscrizioni dello stesso Comune. Dal primo maggio 1995, il Giudice di Pace ha iniziato la sua attività in sostituzione del Giudice Conciliatore, rispetto al quale ha una più ampia competenza civile ed una competenza penale (dal 1° gennaio 2002) per fatti lievi e che non richiedono accertamenti complessi. In virtù della sua competenza speciale sulle cause di opposizione alle sanzioni amministrative di valore inferiore a €. 15.493,71 (Art. 22-bis L 689/81) è comunemente definito “giudice delle contravvenzioni”. La Legge 69/09 è intervenuta per aumentare il limite di valore per le cause sui beni mobili e per estendere la competenza alle cause su interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali.

3) Corte di Cassazione, Sez. II civ., Ordinanza n. 14520 del 19 giugno 2009.

4) Corte Costituzionale, Sentenza n. 534 del 5 dicembre 1990.

5) Corte Costituzionale, Sentenza n. 507 del 18 dicembre 1995.


6) L’ipotesi non è peregrina e lo dimostra il fatto che le Sezioni Penali della Corte di Cassazione, in rettifica all’orientamento assunto da alcuni giudici di merito, hanno enunciato e ribadito il seguente principio: “In tema di condanna alle spese nei giudizi di impugnazione, il giudice di appello, che modifichi la decisione di primo grado in senso più favorevole all’imputato, non può contestualmente condannarlo alle spese processuali, in quanto tale condanna consegue esclusivamente, e senza possibilità di deroghe, al rigetto dell’impugnazione o alla declaratoria della sua inammissibilità” (Corte di Cassazione, Sez. VI, Sentenza n. 30346 del 21 luglio 2009; Corte di Cassazione, Sez. V, Sentenza n. 46453 del 17 dicembre 2008). Se i giudici di appello sentenziano condannando alle spese l’imputato, che ha presentato appello contro una sentenza di primo grado ritenuta degna di riforma, è plausibile ritenere fondato il rischio di condanna alle spese di lite, in presenza di uno ius cogens letteralmente chiaro e scevro da dubbi applicativi.


7) I giudici speciali con prerogative tributarie esistono nell’ordinamento italiano in forza della delega costituzionale contenuta nel comma 1 della Sesta Disposizione Transitoria (“Entro cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione si procede alla revisione degli organi speciali di giurisdizione attualmente esistenti, salvo le giurisdizioni del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti e dei Tribunali Militari”). Le Sentenze n. 287/74 e n. 215/74 della Corte Costituzionale hanno definitivamente affermato la natura giurisdizionale delle Commissioni Tributarie, superando la connotazione meramente amministrativa, che fino ad allora si era affermata.

8) L’interesse che muove l’Amministrazione non è quello di realizzare il proprio vantaggio ad ogni costo, ma quello di attuare il Diritto” (Vanoni E., “La dichiarazione tributaria e la sua irretrattabilità”, in Rivista di Diritto Fin. e Scienza Fin., 1937).

9) La giurisprudenza tributaria è concorde nel ritenere nulla la Cartella esattoriale non preceduta dalla notifica di un avviso di pagamento o avviso bonario da parte dell’Ente creditore: Commissione Tributaria di Milano, Sez. 40, Sentenza n. 220/40/2006 del 28 novembre 2006; Commissione Tributaria di Napoli, Sez. 12, Sentenza  n. 517/12/2005 del 16 novembre 2006; Commissione Tributaria di Napoli, Sez. 9, Sentenza n. 576/09/2007 del 6 dicembre 2007; Commissione Tributaria di Napoli, Sez. 27, Sentenza n. 338/27/2008 del 4 giugno 2008; Commissione Tributaria Regionale di Milano, Sentenza n.65/18/08 del 30 settembre 2008.

10) È prevista, ex Art. 12 c. 5 D.lgs. 546/92, la facoltà del ricorrente di stare in giudizio senza avvalersi di assistenza tecnica nelle cause di valore inferiore a €. 2.582,28.

11) Il Fermo amministrativo è nullo se non è data comunicazione nei 5 giorni dall′iscrizione ex art. 4 D.M. 503/1998 e manca la prova della notifica della cartella di pagamento da parte dell′Agente della riscossione (Commissione Tributaria Provinciale di Isernia, Sez. II, Sentenza n. 4 del Primo febbraio 2008). Il Preavviso di fermo amministrativo è impugnabile al pari della iscrizione al PRA ed il ricorso permette al contribuente di chiedere che venga accertata la regolare notificazione della sottostante cartella esattoriale, la cui mancata dimostrazione, a carico del Fisco, costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dei conseguenti atti di natura cautelare (Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, Sez. II, Sentenza n. 272 del 14 novembre 2008).

12) Interrogazione parlamentare a risposta scritta n. 4-06250, presentata dall’On. BUEMI al Ministro dell’Economia e delle Finanze (CAMERA DEI DEPUTATI, Resoconto stenografico della Seduta del 4 febbraio 2008, pag. 10415).

13) PROVINCIA DI LUCCA, Comunicato Stampa “Tutela dei diritti del cittadino: il Presidente del Consiglio Provinciale GEMIGNANI interviene sui casi di riscossione per mancati pagamenti di multe, bolli e tributi”, 17 settembre 2008.

14) La Corte di Cassazione ha riconosciuto l’esclusiva responsabilità dell’Amministrazione per le omesse notificazioni dei Verbali, di conseguenza, ha ritenuto illegittimi i tentativi di ridurre surrettiziamente i termini di opposizione, invocando l’applicazione dell’Art. 22 della Legge 689/81 (30 giorni dalla notifica), anziché dell’Art. 204-bis del Codice della Strada (60 giorni dalla notifica), ai casi di opposizione a Cartella di Pagamento non preceduta da notifica del Verbale. In pratica, si deve applicare il termine dei 60 giorni si all’opposizione proposta contro un Verbale, sia a quella proposta contro una Cartella di Pagamento, comunque emessa per contravvenzione alle disposizioni del Codice della Strada (Corte di Cassazione, Sez. II, Sentenza n. 17312 del 7 agosto 2007).

15) A tal proposito si vedano: Commissione Tributaria Regionale del Lazio, Sentenza n. 134 del 14 settembre 2006; Giudice di Pace di Pozzuoli, Sentenza del 27 maggio 2009, R.G. 5175/08.

16) Corte di Cassazione, SS.UU., Ordinanza n. 3171 del 18 dicembre 2007, depositata in data 11 febbraio 2008.

17) Ex pluribus: Corte di Cassazione, Sentenza n. 551 del 13 gennaio 2009; Corte di Cassazione, SS.UU., Sentenza n. 21291 del 3 novembre 2005; Corte di Cassazione, Sentenza n. 12384 dell’11 giugno 2005.

18) Per essere ammessi al gratuito patrocinio occorre fare domanda alla Commissione presso il Tribunale dello stesso circondario. Le condizioni economiche per poter essere ammessi al gratuito patrocinio sono valutate dalla Commissione, in via equitativa, con riferimento all′ammontare del reddito di chi fa domanda ed alla ragionevole previsione di esito positivo della causa. Considerati i 60 giorni disponibili per proporre opposizione all’atto notificato, il cittadino indigente difficilmente riuscirà ad informarsi sulla procedura da seguire, avviarla presso gli Uffici competenti, ottenere il riconoscimento del diritto ed ottenere la difesa, in tempo utile.

19) Corte Costituzionale, Sentenza n. 98 del 18 marzo 2004.

20) Art. 204 c. 1 Codice della Strada (Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive integrazioni e modifiche).

21) A titolo esemplificativo, si pensi al caso di un cittadino residente e domiciliato a Brunico, a cui viene contestata dal Comune di Agrigento un’infrazione al Codice della Strada, se lo stesso non fosse mai stato in Sicilia e pertanto non fosse mai potuto incorrere nella condizione di poter violare il Codice della Strada nella città dei Templi, per dimostrare che il rilevatore automatico d’infrazioni o l’Agente preposto abbiano erroneamente registrato una targa diversa da quella del veicolo da lui posseduto, dovrebbe adire il Giudice di Pace avente sede a oltre 1600 km ed ivi andare per far valere le proprie ragioni. Ammesso pure che lo stesso cittadino nominasse un procuratore, dovrebbe sostenere abnormi spese per far riconoscere all’Amministrazione l’errore da essa commesso e che potrebbe emergere dagli atti trasmessi unitamente all’atto di opposizione.

22) MANGIAVACCHI U., “Notifica degli atti presso la segreteria della Commissione”, in Fiscalitax n. 4/09 aprile 2009, pagg. 559-565. Si veda anche GLENDI G., “I luoghi di notifica dei gravami nel processo tributario”, in GT Rivista di Giurisprudenza Tributaria”, n. 12/2000, pagg. 1080 e sgg.

23) Il D.Lgs. 82/05 (Codice dell′amministrazione digitale, in G.U. n. 112 del 16 maggio 2005 - S.O. n. 93) è intervenuto per definire taluni doveri in capo alle Pubbliche Amministrazioni: “la disponibilità, la gestione, l′accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell′informazione in modalità digitale […] organizzano ed agiscono a tale fine utilizzando con le modalità più appropriate le tecnologie dell′informazione e della comunicazione” (Art. 2 c. 1). In particolare, l’Art. 56 prevede che “i dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi autorità giudiziaria di ogni ordine e grado sono resi accessibili a chi vi abbia interesse mediante pubblicazione sul sistema informativo interno e sul sito istituzionale della rete Internet delle autorità emananti”

24) Si rileva che numerose Cancellerie procedono già alla notifica in qualsiasi Comune d’Italia, prescindendo dall’obbligo di limitarsi al territorio del Comune in cui hanno sede.

25) Preambolo Trattato dell’Unione Europea.
   

 
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