Vendita di multiproprietà inesistente: vittoria per la Confcosumatori
Comunicato stampa
Il Giudice ha annullato il contratto di multiproprietà, a causa del comportamento “doloso” del venditore. Salva la società finanziaria.
Pisa, 30 giugno 2010 - Un’altra truffa in materia di multiproprietà: la Confconsumatori di Pisa ottiene giustizia per due associati raggirati e minacciati dal venditore di una multiproprietà, risultata poi inesistente.
I FATTI: I due consumatori erano stati invitati presso un ristorante al fine di essere informati sulla possibilità di poter acquistare alcuni prodotti in promozione (pentole, coperte, eccetera). Durante la serata, però, viene prospettata loro la possibilità di acquistare un soggiorno in multiproprietà, ma, non essendo convinti e non avendo disponibilità economica, i due si rifiutano di accettare.
Allora viene fatta sottoscrivere loro una brochure, garantendo che ciò non avrebbe comportato alcun impegno di acquisto vincolante, ma si trattava soltanto di una richiesta per future informazioni.
Due giorni dopo, invece, si presenta presso la loro abitazione un venditore il quale pretende la sottoscrizione del contratto di multiproprietà, minacciando che se non avessero firmato avrebbero dovuto pagare ugualmente una sorta di penale di € 3.000.
Per convincere ulteriormente i consumatori, i quali non avevano disponibilità economiche sufficienti per onorare l’impegno, il venditore del multiproprietà esibisce un contratto già precompilato per un finanziamento, con una diversa società.
E così i due associati, pur di non perdere soldi, così come minacciato, decidono di firmare i documenti, per poi accorgersi che in realtà la multiproprietà non esisteva e che i numeri telefonici a cui fare riferire risultavano disattivati; per tale motivo decidono di citare in giudizio la società del multiproprietà e la società finanziaria, chiedendo la restituzione delle somme versate.
LA SENTENZA: Il Giudice ha annullato il contratto di multiproprietà, accogliendo però parzialmente le domande proposte, condannando soltanto la società del multiproprietà a restituire le somme versate, pur non rinvenendo vizi formali nel contratto sottoscritto.
Per quanto riguarda il comportamento del venditore, il quale ha minacciato i consumatori che se non avessero sottoscritto il contratto avrebbero dovuto sborsare € 3000,00, è stato considerato motivo di dolo e quindi causa di annullamento del contratto, in quanto i raggiri usati da uno dei contraenti sono tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe contrattato. «Il dolo del contraente - spiega l’avvocato Giovanni Longo della Confconsumatori di Pisa, citando la sentenza - è stato determinante per alterare il consenso, fatto che legittima la richiesta di annullamento».
Per quanto riguarda l’altra domanda, ovvero la condanna solidale anche della società finanziaria, gli attori avevano invocato il collegamento funzionale fra i due contratti (c.d. mutuo di scopo).
Nel caso di concessione di un mutuo finalizzato all’acquisto di un determinato bene, infatti, è possibile che si crei un collegamento stretto tra i due negozi, tale che la sorte dell’uno abbia diretta ripercussione su quella dell’altro.
Il Giudice però non ha accolto tale seconda domanda, in quanto “per giurisprudenza costante affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico non è sufficiente un nesso occasionale tra i negozi, ma è necessario che il collegamento dipenda dalla genesi stessa del rapporto, dalla circostanza cioè che uno dei due negozi trovi la propria causa (e non il semplice motivo) nell’altro, nonché dall’intento specifico e particolare delle parti di coordinare i due negozi, instaurando tra di essi una connessione teleologica, soltanto se la volontà di collegamento si sia obiettivata nel contenuto dei diversi negozi potendosi ritenere che entrambi o uno di essi, secondo la reale intenzione dei contraenti, siano destinati a subire le ripercussioni delle vicende dell’altro. In particolare, la Corte di Cassazione esclude che la configurabilità di un mutuo di scopo possa derivare dal semplice fatto della qualificazione del mutuo in termini di prestito al consumo e dalla circostanza dell’avvenuto versamento della somma dalla banca al venditore su delega irrevocabile del mutuatario, qualora gli accordi tra le parti prevedano espressamente la “totale estraneità” del mutuante “al rapporto commerciale con il venditore ed a qualsiasi altro rapporto ad esso collegato, sussistente con terzi (Cass. Sez. I, sent. 12567 del 8/7/2004)”