Abuso di ufficio e obbligo di astensione, consigliere comunale
Segnalato da iussit.eu - massima a cura dell′Avv. Angelo Pignatelli
Tribunale Penale di Nola, sentenza del 08.01.2008
ABUSO DI UFFICIO E OBBLIGO DI ASTENSIONE - CARTA SIM DEL CONSIGLIERE COMUNALE, UTILIZZATA DAL FIGLIO - DELIBERA DI APPROVAZIONE DEBITI FUORI BILANCIO - OBBLIGO DI ASTENSIONE - PROVA DI RESISTENZA
Non sussiste il reato di abuso d′ufficio nel caso in cui il consigliere comunale non si astenga dal partecipare alla delibera comunale avente ad oggetto l’approvazione di "debiti fuori bilancio" tra cui ve ne era uno contratto con la Vodafone per spese relative ad un uso improprio di una carta SIM intestata al Comune e concessa in uso al consigliere comunale perché la utilizzasse solo per ragioni collegate alla sua carica istituzionale –
Sussistenza dell’obbligo di astensione ex art. 78 comma 2 del d.lgs. n° 267/2000. Insussistenza del reato in quanto effettuando la cd. “prova di resistenza”, nel senso che non tenendo conto del voto illegittimamente espresso dallo stesso in violazione dell’obbligo di astensione, la delibera sarebbe stata comunque approvata. Carenza del requisito dell’ingiusto vantaggio.
Tribunale di Nola, Dr. Francesco Gesuè Rizzi Ulmo, sentenza del 08.01.2008
UFFICIO GUP TRIBUNALE DI NOLA
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MOTIVI DELLA DECISIONE
All’imputata S.E., all’epoca dei fatti consigliere comunale del Comune di …., viene contestato di aver preso parte, esprimendo voto favorevole, alla delibera comunale n° … del ….. (rinvenibile ai fogli 144 e ss del fascicolo del P.M.), che aveva ad oggetto l’approvazione della legittimità di debiti fuori bilancio gravanti sull’ente comunale.
La contestazione sorge perché tra i debiti fuori bilancio da approvare ve ne era anche uno (ammontante a circa 971 euro) contratto con la Vodafone per spese relative ad un uso improprio di una carta SIM intestata al Comune di….., concessa in uso dal detto ente comunale alla S. nella sua qualità di consigliere perché la utilizzasse per ragioni collegate alla sua carica istituzionale (eguale concessione in uso era stata effettuata a favore di tutti gli amministratori comunali) ed invece utilizzata, per un certo lasso temporale (marzo/aprile 2004), dal figlio della S. (all’insaputa della madre, almeno per quel che è emerso dalle indagini) al fine di inviare SMS personali ai propri amici.
Da qui l’imputazione per il delitto di abuso d’ufficio per violazione del divieto di astensione alla votazione della delibera comunale.
Così in estrema sintesi riassunti i fatti, in punto di diritto non vi è dubbio che la S. abbia violato in maniera evidente un obbligo di astensione da ritenersi su di lei gravante alla luce del disposto del comma 2 dell’art. 78 del d.lgs. n° 267/2000 (“Gli amministratori di cui all’art. 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o di loro affini sino al quarto grado”).
Tuttavia nel caso di specie la delibera in questione è stata approvata all’unanimità: ciò significa che effettuando la cd. “prova di resistenza”, e cioè non tenendo conto del voto illegittimamente espresso dalla S. in violazione dell’obbligo di astensione, la delibera sarebbe stata approvata lo stesso.
Il che comporta, ad avviso di questo giudice, l’insussistenza del delitto di abuso d’ufficio in quanto significa che la violazione dell’obbligo di astensione in contestazione non ha procurato di per sé alla S. alcun vantaggio ingiusto (laddove l’art. 323 c.p. richiede espressamente che il vantaggio procurato o il danno arrecato per il tramite della violazione dell’obbligo di astensione – oppure della violazione di norme di legge o di regolamento - siano ingiusti, tant’è che a tal proposito la Suprema Corte parla della necessaria presenza del requisito della cd. “doppia ingiustizia”, cioè del mezzo e del risultato), nel senso che la delibera sarebbe stata approvata lo stesso – e quindi il vantaggio per la S. sarebbe stato il medesimo - anche se la S. non avesse violato l’obbligo di astensione su di lei gravante (diverso è il problema se il debito relativo alle spese conseguenti all’uso improprio della carta SIM concessa in uso alla S. avesse i requisiti per essere riconosciuto come legittimo debito fuori bilancio: il che non appare in quanto, ai sensi della lettera e) dell’art. 194 del d.lgs. n° 267/2000, sarebbero stati a tal fine necessari l’utilità e l’arricchimento per l’ente; ma oggetto di contestazione è l’illegittimità della sola espressione di voto della S. per violazione dell’obbligo di astensione, e non l’illegittimità dell’approvazione della delibera per vizi di contenuto della stessa, che d’altronde avrebbe dovuto coinvolgere tutti coloro che hanno concorso nella approvazione).
P.Q.M.
Letto l’art. 425 c.p.p., dichiara il non luogo a procedere nei confronti di S.E. in ordine al reato a lei ascritto perché il fatto non sussiste.
Nola, 08.01.2008
Il Giudice della Udienza Preliminare
Dr. Francesco Gesuè Rizzi Ulmo