La ditta partecipante all′ATI può controllare i pagamenti della capogruppo?
Donato Palombella
25/11/2011 - Il problema. La ditta partecipante ad un raggruppamento temporaneo di imprese ha diritto di accedere agli atti per accertarsi che la capogruppo abbia regolarmente adempiuto ai pagamenti verso fornitori e sub-appaltatori?
Il caso. Un′ATI si aggiudica una gara , le opere vengono realizzate e collaudate, di conseguenza, viene emesso il certificato di regolare esecuzione. Una delle ditte partecipanti dal raggruppamento temporaneo, teme che la capogruppo sia in stato di insolvenza e, temendo di vedersi esposta, come coobligata solidale, verso i creditori-fornitori, esercita il diritto di accesso agli atti. La domanda troverebbe il proprio fondamento sulla necessità di accertarsi dell′esistenza di eventuali situazioni creditorie da parte dei terzi e di evitare possibili azioni esecutive da parte di potenziali creditori.
La tesi dell′amministrazione. Secondo il TAR il ricorso sarebbe inammissibile. Il diniego troverebbe la propria giustificazione sull′art. 22 comma 1 lett. b) della Legge 7 agosto 1990 n. 241, nel testo novellato dalla Legge 11 febbraio 2005 n. 15. La norma legittima l′esercizio del diritto di accesso subordinandolo all′esistenza di un “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”. L′istanza del richiedente, quindi, “deve essere sorretta da un interesse giuridicamente rilevante, così inteso come un qualsiasi interesse che sia serio, effettivo, autonomo, non emulativo, non riducibile a mera curiosità e ricollegabile all’istante da uno specifico nesso”. Proprio l′assenza di tale “nesso causale” tra l′istanza di accesso e il diritto che si vuole tutelare, renderebbe quest′ultima priva di fondamento.
La tesi del ricorrente. La ditta ricorrente, non avendo traccia dei pagamenti effettuati in favore di subappaltatori e fornitori di materiali, ha il diritto di accedere agli atti per sincerarsi che la capogruppo abbia regolarmente adempiuto alle proprie obbligazioni. Le ditte partecipanti all′ATS sarebbero responsabili solidalmente nei confronti dei fornitori ex art. 37 comma 5 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163. Il ricorrente teme che la capogruppo si trovi in difficoltà finanziarie per cui la richiesta di accesso agli atti sarebbe giustificata dalla necessità di evitare azioni esecutive da parte dei fornitori e subappaltatori insoddisfatti. La domanda di accesso agli atti, quindi, sarebbe del tutto legittima in quanto vi sarebbe un interesse concreto ed attuale a conoscere con certezza per quali prestazioni, e relative fatture, ancora insolute, la società ricorrente potrebbe essere chiamata a rispondere.
Il diritto di accesso agli atti: fondamento. L′esercizio del diritto di accesso affonda le radici nella necessità di conoscere gli elementi necessari per curare o difendere i propri interessi giuridici. Chi esercita il diritto di accesso, peraltro, non può limitarsi ad enunciare, in via generica, di agire per la tutela di un proprio diritto, ma deve enunciare chiaramente quali siano le situazioni giuridicamente apprezzabili che intende tutelare. Il diritto da tutelare, in parole povere, deve essere attuale e concreto.
La soluzione. Il diritto di accesso, in questo caso, è illegittimo! Il ricorrente fonda la propria pretesa su un presunto, possibile stato di insolvenza della capogruppo e sul “periculum” derivante dalla solidarietà delle ditte partecipanti all′ATS nei confronti dei fornitori. Sotto questo profilo, peraltro, il ricorrente non fornisce alcuna prova né sul possibile stato di insolvenza della capogruppo né, tantomeno, su richieste di pagamento pervenute da parte dei fornitori-subappaltatori. La circostanza che la capogruppo si sia resa inadempiente è un fatto non provato e del tutto ipotetico.
L′esercizio del diritto di accesso si fonda sull′esistenza di un possibile collegamento tra il diritto di accesso e l′esigenza di difendere i propri interessi giuridici che, nel caso in esame, viene a mancare o che, comunque, non è stato provato.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 21 novembre 2011 n. 6134 ha quindi confermato la pronuncia del TAR Brescia del 19 maggio 2011 n. 749 del 2011.
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