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Settore immobiliare: chi tutela l′impresa?
Donato Palombella - Su "Costozero" (Magazine della Confindustria)
08/07/2006 - La tutela dell’acquirente immobiliare comporta nuovi obblighi e aumento di costi mentre Basilea 2 impone maggiore rigore
Cosa potrebbe succedere se il “sistema creditizio” non fosse in grado di rispondere alle giuste richieste delle imprese?
La tutela dell′acquirente immobiliare si è affacciata in Italia nel settore della multiproprietà (D.Lgs. n. 427/1998) estendendosi, successivamente (L. 210/2004) all′edilizia residenziale. Sorgono così, per le imprese, nuovi obblighi, impegni, adempimenti che ovviamente si traducono in aumenti di costi. Le nuove disposizioni rendono necessario il ricorso al credito proprio quando i principi di "Basilea 2" impongono al sistema bancario maggiore rigidità. Ma chi tutela le imprese?
L′Italia rappresenta il fanalino di coda in ambito europeo per quanto riguarda la tutela dei consumatori; il fenomeno è imputabile, in massima parte, alla struttura economica del Bel Paese - caratterizzata dalla presenza di PMI - mentre le multinazionali di stampo USA, capaci di imporre le proprie scelte, risultano pressoché assenti.
Nel settore immobiliare la normativa appare particolarmente complessa non solo per la necessità di coordinare disposizioni diverse (TU dell′edilizia, L. 210/04, codice del consumo ecc.) ma anche e soprattutto perché sono richieste competenze di ordine giuridico, finanziario, tecnico-produttivo e gestionale. Tra le novità: contenuti obbligatori dei contratti, nuove cause di nullità degli atti, obbligo di rilasciare garanzie fideiussorie e assicurative, modifiche alla disciplina sui mutui, limiti all′azione revocatoria, istituzione di un Fondo di solidarietà, necessità di garantire la qualità delle opere e dei materiali impiegati, assoluta trasparenza con la clientela.
I nuovi obblighi impongono una precisa gestione dei rapporti con clienti e fornitori e una puntuale progettazione e realizzazione dei lavori (con l′entrata in vigore delle nuove disposizioni le varianti potrebbero costare molto care alle imprese). Necessaria anche una diversa gestione dei rapporti col sistema creditizio chiamato al rilascio delle garanzie obbligatorie e - conseguentemente - una diversa organizzazione aziendale. Alla tradizionale riluttanza del sistema bancario ad affiancarsi alle imprese per supportarne la crescita, si somma l′introduzione dei parametri previsti da Basilea 2 che impongono maggiore severità proprio nel momento in cui sarebbe necessario allargare i cordoni della borsa.
Ma non è tutto. Le nuove regole impongono una "gestione industriale" dell′organizzazione aziendale mentre le imprese edili sono, tradizionalmente, di tipo artigianale.
Il problema di fondo è un altro: le imprese vengono doppiamente penalizzate. Da un lato sul costruttore pesano nuovi oneri e, dall′altro, le imprese non possono godere dei relativi benefici. Le tutele previste dalla legge, infatti, sono applicabili esclusivamente agli acquisti effettuati da privati mentre le società vengono escluse. Fuori da ogni tutela l′acquisto degli immobili necessari a svolgere attività imprenditoriale o produttiva. Escluso anche l′acquisto di unità immobiliari abitative (si pensi alle foresterie). Anche il diritto di prelazione (art. 8) ed i limiti all′azione revocatoria (art. 9) sono invocabili solo per gli immobili acquistati da privati.
E non finisce qui. La normativa prevede un fondo di garanzia per risarcire gli (sfortunati) acquirenti coinvolti dal fallimento delle imprese. Ebbene, le risorse finanziarie necessarie ad alimentare il Fondo, sono costituite mediante contributi posti esclusivamente a carico del costruttore. Oltre al danno la beffa: le imprese non sono tutelate ma devono sopportare i costi necessari al risarcimento delle vittime dei fallimenti.
I problemi per le imprese non finiscono mai. La nuova normativa impone al costruttore di ottenere il rilascio a favore dell′acquirente di specifiche garanzie (bancarie o assicurative); di contro banche e assicurazioni nicchiano. Ufficialmente la scarsa patrimonializzazione ostacolerebbe il rilascio delle polizze. Di fatto si è nell′impossibilità di operare per "ragioni tecniche": l′ANIA ha fornito lo schema di polizza solo recentemente; mancano, inoltre, le analisi di mercato necessarie a valutare il grado di rischio nel rilascio delle garanzie. È ovvio che, in questa situazione, ottenere le fideiussioni previste dalla legge è quasi impossibile.
Le peripezie non sono ancora terminate. La normativa prevede che le fideiussioni possano essere rilasciate da banche, assicurazioni ed intermediari finanziari iscritti nell′elenco speciale previsto dall′art. 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (TU bancario); quest′ultimo - a sua volta - prevede due elenchi disciplinati, rispettivamente, dagli artt. 106 (elenco generale) e 107 (elenco speciale). Alla data del 31 gennaio 2005 risultavano iscritte nell′elenco speciale ben 378 società divise in due settori: n. 201 "società per la cartolarizzazione dei crediti" e n. 177 "società finanziarie". Solo queste ultime dovrebbero essere autorizzare al rilascio delle necessarie garanzie. Il condizionale è d′obbligo in quanto all′elenco speciale sono iscritte in massima parte società di leasing e factoring che - per statuto - non possono provvedere al rilascio delle fideiussioni. Scendendo nel dettaglio, sembrerebbe che le polizze possano essere rilasciate solo da pochissimi enti abilitati.
A questo punto le domande sono ovvie: il costruttore, materialmente, è posto nella possibilità di mantener fede agli impegni imposti a suo carico dalla legge? Cosa potrebbe succedere se il "sistema creditizio" non fosse in grado di rispondere alle giuste richieste delle imprese?
Occorre tener conto che l′accesso al credito, in Italia, è particolarmente difficile specie per le PMI. A questo punto occorre sperare di trovare una soluzione che contemperi le opposte esigenze: quella dell′acquirente (di essere tutelato); quella del costruttore (di trovare gli strumenti adeguati a costi accettabili). Purtroppo la legge tutela (com′è giusto e legittimo) le fondate aspettative dei privati, mentre le imprese (che pure rappresentano il cuore produttivo del Paese) non trovano alcuna protezione.
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